In significativa coincidenza con il 35° anniversario della Liberazione,
il 6 luglio 1979 è stata concessa la Medaglia d’Oro
al Valor Militare per attività partigiana al Gonfalone della
Provincia di Imperia, con le seguente motivazione:
“Illustre
fra le genti Liguri per tradizione di fierezza tenacia e antica adusanza
a duro lavoro, in una terra aspra, impervia e avara di risorse, la
popolazione imperiose, a prezzo di oltre 1200 caduti, 100 deportati,
stragi, persecuzioni e distruzioni immani durante 20 mesi di occupazione
nazifascista combatté la sua strenua
Resistenza per la riconquista delle Patrie leggi e libertà,
in concorso e sostegno, spesso cruenti, con le sue forze partigiane.
Circa
4000 volontari in salde formazioni combattenti ardite e manovriere,
ordinate in un rigoroso assetto organico ve disciplinare della 1° Zona
Liguria, guidate da capi esperti e valorosi, con armi pressoché totalmente
conquistate al nemico, alimentate dalle stremate ma non vinte popolazioni
di 53 Comuni impegnarono dal monte al mare, con l’insidia di
una indomabile guerriglia e in sanguinosi combattimenti, le forse
strapotenti del nemico, infliggendogli notevoli perdite, minacciandone
e spesso interdicendone l’alimentazione operativa a cavaliere
di sue vitali comunicazioni strategiche, nel tergo degli schieramenti
avanzati.
Sacrificio di sangue e sofferenza ed eminente valore furono
i sigilli di nobiltà delle virtù militari e civili
che gli imperiosi, in un periodo tragico della storia loro e della
loro Patria, tramandarono insigni a imperitura memoria”.
Imperia – 1° Zona
Liguria, 8 settembre 1943 – 25
aprile 1945
Sono inoltre stati insigniti della Medaglia d’Oro
alla Memoria 6 partigiani della Provincia di Imperia:
Felice
Cascione (U Megu) di anni 25 - medico
chirurgo
“Perseguitato politico, all’annuncio dell’armistizio
iniziava l’organizzazione delle bande partigiane che, sotto
la sua guida e al suo comando, compirono audaci gesta per la redenzione
della Patria. Arditi colpi di mano, atti di sabotaggio, azioni di
guerriglia sulle retrovie nemiche, lo videro sempre tra i primi,
valoroso tra i valorosi, animatore instancabile, apostolo di Libertà.
Ferito in uno scontro contro preponderanti forze nazifasciste, rifiutava
ogni soccorso e rimaneva sul posto per dirigere il ripiegamento dei
suoi uomini. Per salvare un compagno che, catturato durante la mischia,
era sottoposto a torture perché indicasse chi era il comandante,
si ergeva dal suolo ove giaceva nel sangue e fieramente gridava:
sono io il capo! Cadeva crivellato di colpi, immolando la vita in
un supremo gesto di sublime abnegazione.”
Val Pennavaira 27
gennaio 1944.
Sergio Sabatini di anni 19 - studente
“Giovane
partigiano di eccezionale coraggio, rinunciava alla licenza per partecipare
con i propri compagni ad una azione di particolare importanza contro
un presidio tedesco. Ferito due volte durante la epica lotta e costretto
dietro ordini del Comando a ritirarsi per l’esaurimento delle
munizioni, si offriva volontario per portare ordini ad un reparto
impegnato in un tratto del fronte. Ferito una terza volta nell’attraversare
una zona scoperta e battuta tentava ancora con le ultime forze di
assolvere il suo compito, finché colpito
una quarta volta al petto cadeva nelle mani del nemico che, dopo
aver tentato invano di estorcergli notizie sulla organizzazione partigiana,
lo seviziava barbaramente. Condotto a morte la affrontava con sprezzo
gridando al nemico: “Mio padre mi ha insegnato a vivere, io
vi insegno a morire”: Fulgido esempio di valore e fermezza.”
Marco
Dino Rossi (Fuoco) di anni 22 - studente
“Entrava
nelle file partigiane distinguendosi per capacità e
ardore e partecipando a numerosi, duri combattenti.
Nel corso di queste
azioni, alla testa di alcuni commilitoni, incurante del pericolo,
si slanciava contro una forte colonna avversaria che aveva travolto
un posto avanzato partigiano.
Nell’impari lotta, circondato,
resisteva intrepido fino all’ultima
cartuccia infliggendo al nemico dure perdite.
Catturato e sottoposto
a torture e sevizie, malgrado la promessa di avere salva la vita,
nulla rivelava che potesse tradire commilitoni e reparti partigiani.
Condannato
a morte, immolava la sua esistenza alla causa della libertà gridando
fieramente: “Viva l’Italia!”.
Pigna (Imperia), 2
settembre 1944.
Imperia, 10 settembre 1944
Silvio Bonfante (Cion) di
anni 23 - marittimo
“In nove mesi di continua lotta contro
i nazifascismi creava intorno a sé, con le sue epiche gesta,
una aureola di eroica leggenda. Trascinatore entusiasta e combattente
valorosissimo, ebbe largo seguito di giovani che, animati dal suo
valore, accorrevano ad impugnare le armi per la redenzione della
Patria. Ferito durante un cruento combattimento e raccolto in un
ospedale da campo che veniva circondato da S.S. tedesche, visto cadere
al suo fianco il medico che lo curava e preclusa ogni via di scampo,
per non far trucidare i porta feriti e non cadere vivo nelle mani
del nemico, si uccideva, concludendo la sua vita col volontario supremo
sacrificio”.
Upega, 17 ottobre 1944
Roberto Di Ferro (Balletta) di
anni 14 - apprendista
meccanico
“Primo tra i primi nelle più audaci e rischiose
imprese, ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo,
appena quattordicenne partecipa alla dura lotta partigiana, emergendo
in numerosi fatti d’arme per slancio leonino e per supremo
sprezzo del pericolo. Dopo strenuo combattimento contro preponderanti
forze nazifasciste, in cui ancora una volta rifulse il suo indomito
valore, esaurite le munizioni veniva catturato e condotto dinanzi
a un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di
terribili torture si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare
atrocità dell’oppressore.
Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio nulla rivelarono
che potesse nuocere ai compagni di fede e alla causa tanto amata.
Condannato a morte rispondeva: - Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno – La
brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente
dedicata alla liberazione della Patria. Magnifico esempio di valore
e di giovanile virtù”.
Pieve di Teco, 28 marzo 1945.
Franco Ghiglia (Gigante) di
anni 19 - operaio
“Diciottenne valoroso, audace partigiano,
si distingueva in numerosi combattimenti per coraggio e ardore. Volontario
in una pericolosa e difficile missione, scontrandosi con rilevanti
forze nemiche, accettava la dura lotta nella quale veniva ferito
e quindi catturato, perché rimasto
senza munizioni. Sottoposto alle più crudeli torture e sevizie,
non faceva alcuna rivelazione e in segno di disprezzo sputava in
faccia al suo inquisitore. Condotto sul luogo della sua esecuzione,
subiva senza batter ciglio una simulata impiccagione a scopo intimidatorio;
la sua fierezza non piegò e, dopo aver incitato un suo compagno
di martirio a non parlare, invitava gli aguzzini a portare a termine
l’esecuzione. Prima che il capestro stroncasse la sua giovane
esistenza, elevava il grido di Viva l’Italia”.
Pontedassio,
5 aprile 1945
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